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Il giocatore d’azzardo e il suo familiare. Consigli pratici.

Mentre scrivo queste righe alcuni di voi staranno combattendo la loro battaglia quotidiana contro il gioco d’azzardo. Questo post non è dedicato a loro, ma ai loro parenti o amici che trovandosi del tutto impreparati ad aiutare il loro caro potrebbero quantomai gradire ricevere alcuni consigli. Può sembrare cinico dirlo ma la persona che avete conosciuto un tempo non c’è più, nonostante che il suo aspetto vi convinca del contrario.

Scordatevi le attenzioni di un tempo, la dedizione ai figli o al lavoro, l’attaccamento alla partita di calcetto o alle uscite con gli amici. Ma sopratutto scordatevi di interagire con lui con la consueta fiducia, perché quello che uscirà dalla sua bocca sarà probabilmente non vero. Da quando la sua personalità è entrata in contatto con il gioco le sue abitudini come il suo sistema di valori sono cambiate in modo radicale, diventando per così dire gioco-centriche.

Consigli

Il primo consiglio, quindi, che mi sento di darvi è di partire dall’idea di avere accanto una persona malata. E’ per questo che non pensa ad altro che al gioco (slot, bingo, lotto e quant’altro), ed è per questo che vi mente spudoratamente quando deve coprire le sue perdite. Se ammettiamo l’esistenza di una malattia, simile alla tossicodipendenza, allora potrà essere più facile non commettere alcuni errori, come quello di poterlo aiutare da soli, la sindrome del “io ti salverò”, o semplicemente di aspettare che il vento cambi. Non riuscirete ad aiutarlo bloccandogli il conto corrente o seguendolo alla sala scommesse sotto casa, e il problema non si dissolverà improvvisamente come per magia.

La dipendenza è un po’ come un tatuaggio sulla pelle che una volta impresso non può più andare via, possiamo solo nasconderlo o approntare degli interventi ad hoc per rimuoverlo. Ma prima di scegliere la terapia più idonea, dovrete probabilmente affrontare un altro problema tutt’altro che secondario, ovvero di come convincere il vostro familiare ad intraprendere una cura. Come ho già detto in un precedente post solo il 10 % dei giocatori patologici richiede un trattamento. Questo vuol dire che la stragrande maggioranza dei ludopatici rifugge da qualsiasi intervento , cercando ostinatamente di negare l’esistenza del proprio problema.

Cosa fare quindi per motivarlo al cambiamento?

Certo possiamo prendere la strada del dialogo e spiegargli le conseguenze e i rischi di una si fatta condotta, ma dubito che servirebbe a qualcosa. Anche il fumatore conosce perfettamente le conseguenze delle proprie azioni, ma avete mai visto qualcuno chiamare il numero verde stampato sul pacchetto per chiedere aiuto? Non credo. Occorre trovare delle argomentazioni più convincenti, ma soprattutto evitare di cadere nella trappola della co-dipendenza.

Non deve essere il familiare ad adeguarsi al giocatore ma quest’ultimo a voi. Troppo spesso ho sentito in seduta la frase “Mi ha detto che avrebbe chiamato il medico ma poi non l’ha fatto, ora aspetto che gli ritorni la voglia”. Purtroppo questo è il modo più sicuro per creare una situazione a dir poco paradossale: il giocatore che dipende dal gioco e il familiare che dipende da lui. Per nostra fortuna anche il giocatore, come tutti gli esseri umani, è dotato di un istinto di sopravvivenza e dobbiamo fare leva su quello per ottenere ciò che vogliamo. Ha già perso un mucchio di soldi, la stima dei colleghi e degli amici, forse potrebbe perdere anche la persona che tiene più al mondo.

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