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Le domande pìu frequenti

In questo articolo descriverò le domande frequenti sulla mia professione:

Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente.

– Rita Levi Montalcini

 

Quali sono le differenze tra psicologo, psicoterapeuta e psichiatra?

Mentre lo psicologo offre consulenze psicologiche o fa diagnosi tramite la somministrazione di test, lo psicoterapeuta ha conoscenze e strumenti per intervenire direttamente sul problema, svolgendo così un intervento di cura specifico e differente naturalmente per tipo di formazione. La figura dello psicoterapeuta, quindi risulta essere molto più completa, in quanto oltre ad offrire consulenze psicologiche offre anche un percorso psicoterapeutico e di cura. Lo psichiatra, a differenza dello psicologo e dello psicoterapeuta è laureato in medicina e chirurgia, perciò il suo intervento è focalizzato sul trattamento farmacologico. Capita però che quando uno psicologo-psicoterapeuta lo ritiene necessario invia i suoi pazienti dallo psichiatra per il trattamento farmacologico, in parallelo con la psicoterapia, e viceversa. 

 

Serve realmente la psicoterapia?

Studi molto approfonditi riportano che circa l’80% dei pazienti che hanno svolto una psicoterapia ne hanno tratto ampio giovamento. Per una buona parte del rimanente 20%, non si può parlare di insuccesso, bensì dell’essere riusciti ad evitare un peggioramento ulteriore del quadro clinico. Questo non ulteriore deterioramento del quadro clinico si verifica per lo più in presenza di disturbi molto gravi della personalità e in presenza di disturbi inerenti lo spettro delle psicosi. In sostanza, sono pochissime le persone che non traggano beneficio alcuno da una psicoterapia.
Tornando al sopra citato 80%, i benefici evidenziati da questi studi sono sostanzialmente di due tipi: la risoluzione/scomparsa dei sintomi; il riuscire a trovare nuovi approcci esistenziali, e ciò pare maggiormente vero per le psicologie del profondo (psicologia analitica, psicoanalisi ect..) che permettono il raggiungimento di un migliore equilibrio complessivo della personalità.

 

Sono utili i test psicologici?

I test psicologici sono utili nella misura in cui riescono ad aggiungere delle informazioni cliniche, da integrare con il colloquio. Un test, qualsiasi esso sia, non va interpretato come una verità assoluta, bensì più realisticamente come una fotografia che coglie alcuni aspetti del paziente.
In linea generale, nel momento in cui si decide di ricorrere all’utilizzo di test, è opportuno avvalersi di una batteria di test, ovvero un insieme di test (un test di personalità, uno proiettivo, uno cognitivo) che mirano a cogliere aspetti diversi della persona testata.

 

Farmaci o psicoterapia?

In linea generale gli psicofarmaci sono un valido aiuto  quando facilitano il lavoro psicoterapeutico, e non quando vengono usati “difensivamente” per non affrontare le proprie difficoltà e la propria sofferenza. Per esempio un paziente che soffre di ansia può desiderare la prescrizione di psicofarmaci semplicemente per attenuare la propria ansia, senza voler riflettere sul perché e sul senso dell’ansia stessa. Quindi, prima di procedere con un’eventuale integrazione psicofarmaci-psicoterapia, è necessario valutare l’atteggiamento che il paziente ha nei confronti del proprio problema.  

 

Cos’è la terapia cognitivo-comportamentale

La psicoterapia cognitivo-comportamentale è una delle più diffuse psicoterapie per la terapia di diversi disturbi psicopatologici, in particolare dei disturbi dell’ansia e dell’umore. È stata sviluppata originariamente negli anni Sessanta del XX secolo, principalmente a partire dal lavoro di Aaron Beck. Tale approccio postula una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti evidenziando come i problemi emotivi siano in gran parte il prodotto di credenze disfunzionali che si mantengono nel tempo, a dispetto della sofferenza che il paziente sperimenta e delle possibilità ed opportunità di cambiarle, a causa dei meccanismi di mantenimento. La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) si propone, di conseguenza, di aiutare i pazienti ad individuare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà, al fine di sostituirli e/o integrarli con convinzioni più funzionali. È stato dimostrato attraverso studi controllati che i metodi cognitivo-comportamentali costituiscono una terapia efficace. La CBT, infatti, ha mostrato risultati superiori o almeno uguali agli psicofarmaci nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, ma assai più utile nel prevenire le ricadute.La terapia cognitivo comportamentale prevede protocolli della durata di 4/12 mesi. Problemi psicologici più gravi necessitano ovviamente di tempistiche diverse.

 

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